Il nome della città di Rimini deriva dall’antico nome romano “Ariminum”, fondato nel 268 a.C. dai Romani. Questo toponimo prende origine dal nome del fiume Marecchia, che in epoca romana si chiamava “Ariminus”, quindi “Ariminum” significa letteralmente “la città sul Marecchia”.
La zona era probabilmente già abitata da insediamenti umbro-etruschi prima della fondazione romana, e il nome Ariminum è connesso anche a cognomina latini come Ariminus e Ariminensis, con possibili legami etruschi.
La colonia romana di Ariminum fu fondata per controllare il territorio e divenne un importante nodo di comunicazione tra nord e sud della penisola italiana.
In sintesi, Rimini prende il suo nome dal fiume Marecchia (Ariminus in latino) e il nome antico Ariminum riflette questa origine fluviale.
Simbolo della città di Rimini
Il simbolo principale della città di Rimini è l’Arco d’Augusto, considerato il monumento più rappresentativo e antico della città. L’Arco d’Augusto, costruito nel 27 a.C., fu eretto in onore dell’imperatore Augusto per celebrare il restauro delle più importanti strade consolari italiane e costituisce ancora oggi un emblema identitario per Rimini.
Lo stemma civico
Lo stemma municipale di Rimini è diviso verticalmente in due parti:
A sinistra, su sfondo argenteo con un mare increspato, sono raffigurati l’Arco d’Augusto (nella sua ipotetica forma originaria) e il Ponte di Tiberio, entrambi monumenti di grande valore storico e identitario per la città.
A destra, su sfondo rosso, campeggia una croce guelfa rossa bordata d’argento, simbolo concesso alla città nel 1509 dal pontefice Giulio II, a conferma della sua fedeltà alla causa guelfa.
Perché fu scelto
L’Arco d’Augusto e il Ponte di Tiberio sono stati scelti come simboli perché rappresentano le radici romane della città e la sua importanza storica come snodo di comunicazione e centro strategico fin dall’antichità. Questi monumenti sono presenti nei sigilli cittadini fin dal X secolo e sono stati riconosciuti come simboli di Rimini anche durante momenti storici cruciali, come la resistenza contro il Barbarossa nel 1167.
La croce rossa bordata d’argento, invece, testimonia la storia medievale della città e la sua appartenenza al partito guelfo, rafforzata dalla concessione papale del 1509.
In sintesi:
Il simbolo di Rimini è l’Arco d’Augusto, affiancato dal Ponte di Tiberio e dalla croce guelfa nello stemma cittadino, scelti per rappresentare la storia romana, il ruolo strategico e la tradizione civica della città.
Simboli delle vele dei pescatori di Rimini: significato e funzione
Le vele delle barche tradizionali dei pescatori riminesi, dette “vele al terzo”, erano coloratissime e riccamente decorate con simboli, figure e iniziali. Questi simboli non erano scelti a caso, ma avevano precise funzioni pratiche e sociali.
Perché servivano i simboli sulle vele
Identificazione della barca e della famiglia
Ogni barca aveva una vela unica, decorata con simboli che rappresentavano la famiglia proprietaria o il soprannome del pescatore. Ad esempio, una pera per la famiglia Perini, una scarpa per la famiglia Scarpa, una zucca per i Zucca. Questo sistema permetteva di riconoscere a distanza le barche in mare o all’ingresso del porto, facilitando il ritorno a casa e la comunicazione tra le famiglie e i pescatori.
Funzione comunicativa e sociale
I simboli sulle vele erano una sorta di “araldica popolare”: oltre a identificare la barca, rafforzavano il senso di appartenenza a una comunità e le relazioni sociali tra i pescatori. Spesso venivano inseriti anche simboli religiosi, astronomici, oggetti di uso quotidiano o figure animali, a volte anche con significati ironici o legati al buon umore.
Riconoscimento a distanza
I colori vivaci e i disegni ben visibili servivano soprattutto per il riconoscimento ottico in mare aperto o tra le tante barche nei porti affollati. Questo era fondamentale in epoche in cui non esistevano strumenti moderni di comunicazione: ad esempio, si racconta che a Chioggia qualcuno saliva sul campanile con un cannocchiale per riconoscere le barche in arrivo e avvisare le famiglie.
Tradizione e continuità
Con il passare delle generazioni, i figli che si mettevano in proprio modificavano o arricchivano il simbolo di famiglia, aggiungendo dettagli personali o elementi legati alla casata della sposa, come richiesto talvolta anche nei contratti di matrimonio.
Sintesi
I simboli sulle vele delle barche dei pescatori di Rimini servivano principalmente a identificare in modo immediato e inequivocabile la barca, la famiglia o il gruppo di appartenenza, diventando così uno strumento di comunicazione, riconoscimento e orgoglio per la comunità marinara locale.
Soprannomi della città di Rimini
A Rimini, come in molte comunità romagnole, le famiglie hanno da sempre avuto soprannomi che si tramandano di generazione in generazione e che servivano a identificare i rami familiari, spesso legati a caratteristiche personali, mestieri, oggetti o eventi particolari.
Ecco alcuni esempi di soprannomi delle famiglie riminesi e il cognome corrispondente:
Borsanìra (famiglia De Nicolò di Viserbella), derivato dall’abitudine del capostipite di portare sempre una borsa di tabacco nera.
Panarèta (famiglia Muccioli), probabilmente legato al mestiere degli avi, con riferimento al “panierino” usato per il trasporto di prodotti agricoli.
Pilincìn (Morolli), soprannome di famiglie di Viserba.
Brand (Brandi), anch’esso di Viserba.
Baben (Ugolini), Bagaiul (Montebelli), Bambinoun (Zavatti), Barbanira (Cecchini), Barbein (Arcangeli), Bardinein (Tamburini), Baroia (Fabbri), Bartoza (Lotti), Basucin (Morri), Belocc (Pironi), Bigion (Agostini), Bigiuga (Sacchetti), Biloga (Vittori), Bizagna (Bezzi), Braganoun (Tonni), Brusapioin (Rocchi), Bselà (Romani), Buion (Giannini), Bulogna (Bianchi), Burch (Mingucci), Burdom (Fabbri), Burfecia (Gaudenzi) sono altri esempi di soprannomi associati a famiglie riminesi.
Questi soprannomi spesso derivano da caratteristiche fisiche, professioni, oggetti di uso quotidiano o eventi storici legati alla famiglia. Servivano a distinguere persone con lo stesso cognome, a rafforzare l’identità di gruppo e a mantenere viva la memoria storica e sociale della comunità.
In sintesi, i soprannomi delle famiglie di Rimini sono un patrimonio culturale che riflette la storia, le tradizioni e le relazioni sociali della città, e sono tuttora usati come segno
Come si tramandano i soprannomi familiari nella cultura riminese
In cultura riminese, i soprannomi familiari si tramandano di generazione in generazione come una vera e propria eredità identitaria che non si può rifiutare. Il soprannome accompagna non solo il singolo individuo, ma l’intero nucleo familiare, diventando un segno distintivo riconosciuto dalla comunità locale1.
Questi soprannomi nascono spesso da caratteristiche personali, professioni, oggetti o aneddoti legati ai capostipiti, e vengono mantenuti vivi attraverso il racconto orale e la memoria collettiva. Ad esempio, un capostipite che aveva l’abitudine di portare sempre una borsa di tabacco nera ha fatto sì che il soprannome “Borsanìra” si trasmettesse ai suoi discendenti, identificandoli ancora oggi1.
La trasmissione avviene quindi principalmente per via orale, sostenuta da una forte tradizione comunitaria, e spesso i soprannomi vengono arricchiti o modificati dai discendenti per includere riferimenti a nuovi eventi familiari o legami matrimoniali. Inoltre, la comunità locale partecipa attivamente a mantenere viva questa tradizione, come dimostrano iniziative di raccolta e documentazione dei soprannomi, anche tramite strumenti moderni come i social media12.
In sintesi, i soprannomi familiari a Rimini si tramandano come un patrimonio culturale e sociale, rafforzando l’identità familiare e il senso di appartenenza alla comunità attraverso la memoria orale e la partecipazione collettiva.