La tomba di Dante Alighieri è uno dei luoghi più emblematici e significativi di Ravenna, testimonianza dell’ultima dimora del Sommo Poeta. Situata presso la basilica di San Francesco, nel cuore della città romagnola, il sepolcro in stile neoclassico fu eretto per onorare la memoria di Dante, che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Ravenna, dove morì nel 1321.
Questo monumento, riconosciuto come monumento nazionale, è circondato dalla suggestiva “zona dantesca”, un’area di rispetto e silenzio istituita per preservare la solennità del luogo. La zona include non solo la tomba del poeta, ma anche il giardino con il Quadrarco di Braccioforte, i chiostri francescani e il complesso del Museo e Casa Dante, che offrono un percorso culturale e spirituale dedicato alla figura del Poeta e alla sua opera immortale.
La tomba rappresenta non solo un tributo al genio letterario di Dante, ma anche un luogo di riflessione per chiunque voglia rendere omaggio al padre della lingua italiana.
Il primo sepolcro di Dante
Sul letto di morte, Dante Alighieri espresse il desiderio di essere vestito con il saio francescano, a testimonianza della sua vicinanza agli ideali spirituali dell’Ordine. Per la sua sepoltura, scelse il convento dei Frati Minori, giunti a Ravenna nel 1261. I solenni funerali si tennero nella loro chiesa, e il poeta fu originariamente deposto nell’area cimiteriale attigua al convento.
Questo luogo è noto come Quadrarco di Braccioforte, il cui nome deriva da una tradizione che racconta di due persone che, in quel luogo, invocarono il “braccio forte” del Salvatore come garante di un contratto, ispirati da un’immagine del Cristo dipinta nelle vicinanze. Fu all’interno di una cella funeraria appartenente alla famiglia Da Polenta, mecenati e protettori di Dante durante il suo esilio, che venne posto il sarcofago contenente le sue spoglie.
Nel 1441, con la caduta della famiglia Da Polenta a opera della Repubblica di Venezia, la cella funeraria cadde in stato di abbandono. Quarant’anni dopo, nel 1483, il podestà veneziano Bernardo Bembo, grande ammiratore di Dante, decise di restaurare e ampliare la tomba a sue spese. Per questa opera, si rivolse al celebre scultore Pietro Lombardo, che lavorò insieme ai suoi figli. Sopra al sarcofago, Pietro scolpì un bassorilievo raffigurante il poeta pensieroso, ritratto davanti a un leggio, un’immagine che restituisce la grandezza intellettuale e il tormento creativo del Sommo Poeta.
Il sepolcro attuale di Dante
Nel 1778, il cardinale Luigi Valenti Gonzaga, insediatosi a Ravenna come legato pontificio, commissionò la costruzione di un nuovo sacello per la tomba di Dante. L’opera fu affidata all’architetto ravennate Camillo Morigia, che progettò un elegante tempietto in stile neoclassico, costruito tra il 1780 e il 1781 sopra la struttura quattrocentesca preesistente.
Esterno
La tomba, a pianta quadrata, è coronata da una cupola sormontata da una pigna, simbolo di eternità. Separata dalla strada da una delimitazione discreta, la facciata è semplice e lineare. Sulla porta d’ingresso, sovrastata dallo stemma del cardinale Gonzaga, si legge in latino l’iscrizione: Dantis poetae sepulcrum (“Tomba del poeta Dante”). Tra gli elementi decorativi spiccano l’ouroboros, un serpente che si morde la coda, simbolo dell’eternità della fama del Poeta, e lo stemma del cardinale.
A destra del monumento si trova un piccolo giardino che comprende il Quadrarco di Braccioforte. Dal 1921, il giardino è chiuso da una cancellata in ferro battuto, opera del veneziano Umberto Bellotto.
Interno
L’interno del sacello, rivestito di marmi pregiati e stucchi, custodisce il sarcofago del Poeta, un’opera di epoca romana. Sopra il sarcofago è inciso un epitaffio in latino, attribuito al grammatico veronese Rinaldo Cavalchini, che celebra la grandezza di Dante e il suo esilio:
(LA)«Iura monarchiae superos Phlegetonta lacusque
lustrando cecini voluerunt fata quousque
sed quia pars cessit melioribus hospita castris
actoremque suum petiit felicior astris
hic claudor Dantes patriis extorris ab oris
quem genuit parvi Florentia mater amoris»(IT)«I diritti della monarchia, i cieli e le acque del Flegetonte
visitando cantai, finché volle il mio destino mortale.
Ma giacché la mia anima andò ospite in luoghi migliori
e più beata raggiunse fra gli astri il suo Creatore,
qui son racchiuso io, Dante, esule dalla patria terra,
cui generò Firenze, madre di poco amore»
Al di sopra del sarcofago è presente il bassorilievo di Pietro Lombardo, che raffigura Dante pensoso davanti a un leggio. Ai piedi del sarcofago, vi è una corona in bronzo e argento donata nel 1921 dall’Esercito e dalla Marina italiani per il VI centenario della morte del Poeta. A destra, una colonnina d’alabastro del Carso regge un’ampolla d’argento donata nel 1908 da Trieste, Trento, Gorizia e altre province italiane allora sotto dominio austro-ungarico.
Sul soffitto arde perennemente una lampada votiva settecentesca, alimentata da olio d’oliva dei colli toscani, un dono annuale della città di Firenze, offerto la seconda domenica di settembre in memoria della morte di Dante, avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. Questa tradizione è stata istituita nel 1908.
Restauri e interventi
La tomba ha subito vari restauri nel corso dei secoli. Nel 1921, per il VI centenario della morte di Dante, fu restaurata su progetto del soprintendente Ambrogio Annoni, con la collaborazione dello scultore Lodovico Pogliaghi. Durante questo intervento, le vecchie porte in legno furono sostituite con porte in bronzo donate dal municipio di Roma.
Nel 2020, in preparazione al VII centenario della morte del Poeta (13 settembre 2021), la tomba è stata sottoposta a un nuovo restauro. I lavori hanno riguardato sia l’apparato decorativo del tempietto, all’interno e all’esterno, sia l’area del Quadrarco di Braccioforte. Terminati i restauri, è stata ricollocata all’interno del sepolcro una croce greca donata nel 1965 da Papa Paolo VI. Questa croce, con quattro ametiste incastonate, simboleggia la resurrezione ed è posizionata sopra la lastra marmorea del Lombardo.
La vicenda delle spoglie di Dante
Il giorno successivo alla morte di Dante, il suo corpo fu sepolto nel sarcofago che ancora oggi custodisce le sue spoglie, inizialmente collocato sulla parete di fondo della cella dei Polentani nel chiostro di Braccioforte. Tuttavia, fin dal XIV secolo, i fiorentini iniziarono a reclamare le reliquie del loro illustre concittadino. Le richieste ufficiali per riportare i resti a Firenze furono avanzate nel 1396, 1428 e 1476, ma tutte senza successo.
I tentativi di spostamento e l’intervento dei frati francescani
Alla fine del XV secolo, il podestà veneziano Bernardo Bembo trasferì il sarcofago sul lato ovest del chiostro. Con l’ascesa al soglio pontificio dei papi fiorentini Leone X e Clemente VII, entrambi della famiglia Medici, i fiorentini credettero di poter finalmente riportare le ossa del poeta nella loro città. Leone X concesse nel 1519 il permesso di prelevare le reliquie e Michelangelo fu incaricato di progettare un monumento funebre. Tuttavia, quando la delegazione fiorentina aprì il sarcofago, le ossa erano scomparse.
I frati francescani, temendo il trasferimento, avevano praticato un foro nel muro retrostante e prelevato segretamente i resti di Dante. Questi furono nascosti e custoditi con grande segretezza. Nel 1677, il priore del convento, Antonio Sarti, racchiuse le ossa in una cassetta di legno, oggi conservata nel Museo Dante.
I nascondigli e il ritrovamento delle ossa
Nel 1810, a seguito della soppressione degli ordini religiosi da parte del governo napoleonico, i frati decisero di nascondere nuovamente le reliquie. La cassetta fu murata nell’oratorio del chiostro di Braccioforte. I frati lasciarono la città, e della cassetta si perse ogni traccia. Per decenni, i visitatori della tomba ignorarono che il sarcofago fosse vuoto.
Le ossa furono ritrovate casualmente il 27 maggio 1865, durante i lavori di restauro per il VI centenario della nascita di Dante. Un muratore scoprì la cassetta, e un giovane studente, Anastasio Matteucci, interpretò l’iscrizione: Dantis ossa a me fra Antonio Sarti hic posita anno 1677 die 18 octobris. Lo scheletro fu ricomposto con fili d’argento e collocato in un’urna di cristallo, esposta al pubblico per tre giorni, attirando migliaia di visitatori, soprattutto dalla Toscana. Successivamente, le ossa furono sistemate in una cassa di noce protetta da un cofano di piombo e riposte nel tempietto progettato dal Morigia.
Eventi successivi e ricognizioni
Nel 1921, in occasione del VI centenario della morte del poeta, fu effettuata una ricognizione delle reliquie da parte degli antropologi Giuseppe Sergi e Fabio Frassetto. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per proteggerle dai bombardamenti, le ossa furono nuovamente nascoste, sepolte a pochi metri dal mausoleo, sotto un tumulo coperto da vegetazione. Furono recuperate e ricollocate nel 1945.
Cenotafio a Firenze
A Firenze, nonostante l’impossibilità di ottenere le reliquie, fu eretto nel 1829 un cenotafio in stile neoclassico nella Basilica di Santa Croce. L’opera raffigura Dante seduto, pensoso, innalzato in gloria dall’Italia, mentre la Poesia piange china sul sarcofago, simbolo dell’amore e del rimpianto per il Sommo Poeta esiliato.